Impuniti anche grazie allo Stato italiano

– Davide Conti, 02.03.2021

Crimini dei nazisti. La questione delle stragi nazifasciste in Italia rimaste impunite nel secondo dopoguerra resta uno dei nodi centrali e irrisolti della storia nazionale sia in termini di elaborazione del passato sia in ordine alla composizione materiale del presente.

La questione delle stragi nazifasciste in Italia rimaste impunite nel secondo dopoguerra resta uno dei nodi centrali e irrisolti della storia nazionale sia in termini di elaborazione del passato sia in ordine alla composizione materiale del presente. Per questo l’annuncio che Karl Wilhelm Stark ed Alfred Stork, condannati all’ergastolo per le stragi di civili del 1944 sullAppennino tosco-emiliano e per l’eccidio dei militari della Divisione Acqui a Cefalonia del settembre 1943, siano morti senza aver mai scontato la pena inflittagli dai tribunali militari italiani determina una duplice sensazione: la rabbia dei familiari delle vittime ed un certo disagio per le istituzioni dello Stato.

L’oggetto storico in discussione non dovrebbe essere tanto quello della detenzione di due criminali di guerra tedeschi ormai centenari (posto che dei 60 ergastoli comminati nel corso degli anni dalla magistratura nessuno, in sostanza, è stato scontato dai condannati) quanto quello dei conti con il passato nazifascista in Italia ed in Europa.

Il 28 dicembre 2019 i familiari delle vittime delle stragi di Mommio, Padule di Fucecchio, Grizzana, Marzabotto, Monzuno e Cefalonia pubblicarono un appello su «Il Manifesto» rivendicando il diritto ad avviare una causa civile di risarcimento contro lo Stato tedesco e reclamando il sostegno delle istituzioni italiane. Una richiesta apparentemente logica ma tutt’altro che scontata. Infatti, nonostante la sentenza della Corte Costituzionale n. 238 del 2014 abbia reso illegittima la precedente pronuncia della Corte dell’Aja del 2012 che stabiliva l’immunità per la Germania, l’Italia non solo non ha appoggiato i propri cittadini ma, dal 2008, ha anche attivato l’Avvocatura dello Stato in favore della Repubblica Federale Tedesca contro i familiari delle vittime delle stragi il cui unico supporto è oggi fornito dal magistrato Luca Baiada che ha avviato una causa a sue spese.

D’altro canto il fatto che nel novembre 2019 il comune di Roccaraso (dove i nazisti il 21 novembre 1943 uccisero 128 persone) abbia iscritto un’ipoteca da 1,7 milioni di euro su alcuni terreni di proprietà della Germania in provincia di Como, evidenzia come la questione rivesta un carattere di stretta attualità visto che la Germania dovrebbe risarcire ai paesi invasi e distrutti durante la Seconda guerra mondiale 100 miliardi di euro all’Italia e 300 miliardi alla Grecia senza contare gli Stati dell’ex Jugoslavia e del resto d’Europa.

Il motivo della reticenza dello Stato italiano nel sostegno dei familiari delle vittime risiede in un interesse materiale altrettanto significativo rispetto a quello tedesco: l’avvio dei risarcimenti da parte della Germania finirebbe inevitabilmente per coinvolgere anche l’Italia riguardo ai crimini di guerra, ed ai danni mai pagati, perpetrati dalle truppe del regio esercito e dalle milizie fasciste in Jugoslavia, Grecia, Albania, Russia, Francia, Libia, Etiopia.
Gli esiti della Seconda guerra mondiale ed il loro precipitato storico (Guerra Fredda, divisione bipolare del mondo e anticomunismo di Stato come misura strategica di ricostruzione post-bellica in occidente) determinarono le ragioni di fondo su cui poggiarono e fiorirono da un lato il silenzio sulle stragi nazifasciste simbolicamente rappresentato dalla vicenda dell’«armadio della vergogna» e dall’altro il falso mito degli «italiani brava gente» che costituì la narrazione ideologica cui sottese l’impunità per i crimini di guerra fascisti e per i criminali che li avevano compiuti ovvero la «mancata Norimberga italiana».

In nome dell’anticomunismo di Stato l’Italia e la Germania ovest furono riarmate e reinserite nell’Alleanza Atlantica e l’impunità per i crimini di guerra divenne un fattore decisivo per la ricostruzione di eserciti e Stati che avrebbero dovuto svolgere un ruolo indispensabile lungo il confine che separava l’occidente dall’est sovietico.

Quei mancati conti con il passato sembrano continuare ad innervare la condotta politica dell’Europa del presente. Nella risoluzione «Importanza della memoria europea per il futuro dell’Europa» votata dal Parlamento di Bruxelles il 19 settembre 2019, di fatto, sono stati equiparati sotto l’egida del paradigma «totalitario» nazismo e comunismo ovvero vittime e carnefici; invasori e liberatori. Si compie in questo modo la torsione ultima del racconto del passato che se da un lato spiega il movente politico dell’impunità per i criminali nazifascisti e della «continuità dello Stato» dall’altro indica quale sia il compito di chi, al contrario di chi propugna il «populismo storico», intenda porsi dalla parte della Storia.

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